Il  giudice  dell'udienza  preliminare,  dott.  Marco Mancinetti,
sentito   il  pubblico  ministero,  la  difesa  e  la  parte  civile,
all'udienza in camera di consiglio del 7 novembre 2001 ha pronunziato
e  pubblicato  mediante  lettura  la  seguente  ordinanza-ricorso nel
procedimento  instaurato  nei  confronti  di  Mancuso Filippo, nato a
Palermo  l'11 luglio  1922,  difeso  dagli avvocati di fiducia Franco
Luberti  e  Giovanni Guazzotti del foro di Roma imputato del reato di
cui  agli  artt. 81,  595  comma  tre  c.p.  ed  art. 13  della legge
n. 47/1948  perche',  nel  corso  di  una  intervista del giornalista
Roberto  Iezzi, mandata in onda in data 31 luglio 1997 dall'emittente
radiofonica   radio   radicale,   intervista   che   qui  si  intende
integralmente riportata, offendeva la reputazione del dott. Giancarlo
Caselli,  anche  in  qualita' di procuratore capo della Procura della
Repubblica di Palermo, pronunciando le seguenti affermazioni: «Ma lei
tra  Brusca  e  Caselli  e  tra  i  Brusca  e  i  Caselli  vede  vere
differenze?»
    E'  gia'  provato  che  parte  della  magistratura  di Palermo e'
criminale  ... vi sono a Palermo criminali vestiti da giudici. Questo
e'   piu'  sconvolgente  ancora.  Molte  inchieste  di  Palermo  sono
inchieste  criminali e sono condotte da criminali vestiti da giudici,
oltre che dissennati».
    In Roma, il 31 luglio 1997.
    A  seguito  di  querela  tempestivamente presentata dalla persona
offesa Giancarlo Caselli il pubblico ministero ha esercitato l'azione
penale  nei  confronti dell'allora deputato Filippo Mancuso in ordine
al  reato  di  cui  in  epigrafe,  con richiesta di rinvio a giudizio
depositata il 7 febbraio 2001.
    In  data  6 marzo  2001  la  Camera  dei deputati ha approvato la
proposta  della  giunta  per  le autorizzazioni a procedere, relatore
on. Filippo     Berselli,    affermando    che    le    dichiarazioni
dell'on. Mancuso   oggetto   del   presente  procedimento  concernono
opinioni  espresse  dal  deputato  nell'esercizio  delle sue funzioni
parlamentari  e  pertanto  ricadono  nell'ambito  di applicazione del
primo comma dell'art. 68 della Costituzione.
    Nella  relazione svolta in aula dell'on. Caremigna, sostituto del
relatore  in  giunta  on. Berselli, premesso che il procedimento trae
origine  da  una  trasmissione  radiofonica  andata  in onda su radio
radicale  il  31 luglio 1997 e che la giunta e' stata investita della
deliberazione  in  materia  di  insindacabilita'  su  richiesta dallo
stesso  deputato  Mancuso,  si  afferma  che «come emerge dal capo di
imputazione,  l'onorevole  Mancuso avrebbe affermato: E' gia' provato
che  parte  della  magistratura  di  Palermo  e' criminale, vi sono a
Palermo  criminali  vestiti  da  giudici. Questo e' piu' sconvolgente
ancora.  Molte  inchieste  di Palermo sono inchieste criminali e sono
condotte da criminali vestiti da giudici, oltre che dissennati».
    Per  tali  affermazioni  Mancuso  e' stato querelato da Giancarlo
Caselli,  procuratore  della  Repubblica di Palermo pro tempore ... .
Dall'analisi  dei  fatti e' emerso che - secondo la maggior parte dei
membri della giunta che si sono espressi sul punto - il fatto oggetto
del  procedimento  e'  in  connessione  con  l'esercizio  del mandato
parlamentare. Nella trasmissione radiofonica in questione l'onorevole
Mancuso  ha inteso rivolgere, sia pure con toni aspri, una critica ai
metodi  investigativi  di taluni magistrati che prestano servizio nel
capoluogo  siciliano,  peraltro  senza  fare  riferimento esplicito a
nessun  magistrato  in  particolare.  In  tale  contesto,  egli  - in
qualita'  di  parlamentare e di persona che ha rivestito la carica di
Ministro  guardasigilli  -  si  e' inserito nella perdurante polemica
politica nel nostro paese inerente ai rapporti tra potere legislativo
e potere giudiziario e al modo di procedere della magistratura.
    Deve  essere  inoltre  rilevato che l'intervista a radio radicale
era  stata rilasciata a proposito del processo in corso a Palermo nei
confronti  del  senatore  Giulio  Andreotti,  che ha destato, come e'
noto, grande interesse e scalpore nell'opinione pubblica, restando di
attualita' politica per molto tempo.
    Da  quanto  esposto,  emerge  con  evidenza il carattere politico
parlamentare delle affermazioni del deputato Mancuso» (cfr. relazione
Ceremigna).
    Va  premesso  che esulano dall'oggetto del presente ricorso tutte
le  questioni  attinenti  la  natura eventualmente diffamatoria delle
affermazioni   contenute  nell'articolo  in  esame,  quali  riportate
nell'imputazione  agli  atti  del  presente  processo,  cosi' come la
eventuale configurabilita' delle scriminanti del diritto di cronaca e
del diritto di critica.
    Trattasi  di  profili riguardanti il merito dell'accusa formulata
dal  pubblico  ministero,  il  cui  esame  e'  allo  stato  precluso,
dovendosi primariamente affrontare la questione relativa al conflitto
di attribuzioni che con la presente ordinanza si intende sollevare.
    Cio'  posto,  ritiene  il giudice che nella fattispecie in esame,
non  spettasse  alla  Camera  dei  deputati,  per  difetto  del nesso
funzionale   tra   opinioni  espresse  dal  parlamentare  Mancuso  ed
esercizio  delle  relative  funzioni,  dichiarare che i fatti oggetto
della  imputazione in epigrafe riportata concernono opinioni espresse
nell'esercizio  della  funzione  parlamentare, ai sensi dell'art. 68,
primo comma, Cost.
    Per   costante   giurisprudeuza  della  Corte  costituzionale  la
prerogativa  di  cui all'art. 68 comma primo Cost. non copre tutte le
opinioni  espresse  dal  parlamentare  nello  svolgimento  della  sua
attivita'  politica, ma solo quelle legate da nesso funzionale con le
attivita'  svolte  nella  qualita'  di  membro  delle Camere (cfr. da
ultimo Cort. cost. n. 10/2000, n. 11/2000 n. 56/2000 e n. 58/2000).
    In  particolare,  nelle  ipotesi di opinioni espresse al di fuori
dell'ambito  dei  lavori  parlamentari,  come e' nella fattispecie in
esame,  «...  il  nesso  funzionale  deve  consistere non gia' in una
semplice  forma  di  collegamento  - di argomento o di contesto - fra
attivita'  parlamentare  e  dichiarazioni, ma piu' precisamente nella
identificabilita'  della  dichiarazione  stessa  quale espressione di
attivita' parlamentare» (cfr. Cort. cost. n. 58/2000).
    «La  semplice  comunanza  tematica  fra  la  dichiarazione che si
assume  lesiva  e  le  opinioni espresse in sede parlamentare, ne' la
ricorrenza di un contesto genericamente politico cui la dichiarazione
inerisca  sono  infatti  sufficienti  a legittimare l'estensione alla
prima  della  immunita'  che  copre  le seconde. Occorre accertare la
sostanziale  corrispondenza di contenuti Ira le dichiarazioni oggetto
di  esame  e  la  opinione espressa in sede parlamentare (Cort. cost.
n. 10/2000).
    «La  prerogativa costituzionale rileva, infatti, non soltanto per
l'occasione  specifica  in  cui  l'opinione  e'  espressa  in  ambito
parlamentare,  ma  riguarda il contenuto storico di essa, pure quando
ne  sia  realizzata  la  diffusione  pubblica. Perche' la pubblicita'
accompagna  l'attivita' parlamentare, necessariamente, assicurando il
ruolo  fondamentale  delle camere nella libera dialettica politica» (
Cort. cost. n. 56/2000).
    Ritiene  il  giudice  che  nella  fattispecie  in esame non siano
riscontrabili  i requisiti sopra indicati e, conseguentemente, che la
deliberazione   adottata   dalla   Camera  dei  deputati  esorbitando
dall'ambito  derogatorio  consentito dall'art. 68, comma primo Cost.,
determini  una  violazione della sfera di attribuzione dell'autorita'
giudiziaria  procedente  costituzionalmente  garantita ai sensi degli
artt.  101,  secondo  comma, 102 primo comma e 104 primo comma Cost.,
che  assegnano  la  titolarita'  della  funzione giurisdizionale alla
magistratura  e  tutelano  le  legalita'  e  l'indipendenza  del  suo
esercizio.
    A  parere  di questo giudice, nella relazione della giunta per le
autorizzazioni  a  procedere, ripresa integralmente nella esposizione
in  aula,  non  si  individua  un  collegamento  tra  le  espressioni
contestate   al   deputato  come  diffamatorie  e  la  sua  attivita'
parlamentare.
    Innanzitutto,   il  riferimento  contenuto  nella  delibera  alla
pregressa  attivita'  di  Ministro  di  grazia e giustizia non appare
idonea   a   motivate   il   necessario  nesso  con  le  funzioni  di
parlamentare.
    Sul  punto,  deve osservarsi che la pregressa attivita' svolta in
passato  dal  parlamentare Mancuso quale Ministro, non puo' valere di
per  se'  a giustificare l'applicazione di una prerogativa, quella di
cui  all'art, 68 comma primo Cost., che viene riconosciuta al singolo
membro   delle   Camere   esclusivamente  in  relazione  alla  tutela
dell'esercizio  della  funzione  legislativa.  E'  appena  il caso di
rilevare che, diversamente opinando, si verrebbe a creare tra l'altro
anche una ingiustificabile disparita' di trattamento nei confronti di
quei  parlamentari  che,  non avendo ricoperto precedenti funzioni di
governo, si troverebbero, in relazione alla applicazione dell'art. 68
comma  primo  Cost.,  in  posizione di tutela «attenuata» rispetto ai
loro  colleghi  che  hanno  invece  assunto  in  passato  funzioni di
Ministro.
    In   secondo   luogo,  giova  evidenziare,  comunque,  che  nella
relazione  non  e'  richiamato  alcun atto svolto dall'on. Mancuso in
tale   sua   veste,   da  cui  possa  emergere  in  qualche  modo  la
dimostrazione  del collegamento funzionale con le espressioni oggetto
del capo di imputazione.
    Ne' alcun elemento di chiarificazione si ricava dal seguito della
relazione, ove si fa riferimento alla «perdurante polemica nel nostro
paese   inerente   ai   rapporti  tra  potere  legislativo  e  potere
giudiziario   e   al   modo  di  procedere  della  magistratura»;  ed
all'interesse  «politico» del processo svolto a Palermo nei confronti
del senatore Andreotti.
    In  ordine  a  tale  passaggio della motivazione, non possono che
essere   richiamati  i  principi  piu'  volte  espressi  dalla  Corte
costituzionale sopra indicati: non ha rilievo invocate l'esistenza di
un contesto «politico» in cui la dichiarazione si inserisce, giacche'
siffatto  tipo  di  collegamenti non vale, di per se', a conferire il
carattere  di  attivita'  parlamentare  a  manifestazioni di pensiero
oggettivamente estranee ad essa ( Corte cost., 56/2000 cit.).
    Deve appena soggiungersi che nella motivazione della Giunta delle
autorizzazioni  a  procedere sembrerebbe evidenziarsi anche un errore
su  un presupposto di fatto inerente il presente procedimento penale.
Si   legge   infatti   che   nell'intervista   per  cui  e'  processo
l'on. Mancuso   avrebbe   omesso  ogni  riferimento  esplicito  a  un
magistrato  in  particolare.  In realta' e' vero il contrario, atteso
che  come e' di chiara evidenza nel capo di imputazione, l'intervista
incriminata  inizia  con un riferimento alla persona offesa Giancarlo
Caselli.
    Il  collegamento  funzionale  con  atti  parlamentari  non emerge
neanche    sulla   base   dei   documenti   prodotti   dalla   difesa
dell'on. Mancuso innanzi a questo giudice.
    Trattasi di documenti divisi in tre gruppi.
    Il  primo raccoglie comunicati stampa riguardanti «l'incessante e
generalizzato protagonismo politico della Procura della Repubblica di
Palermo».
    Il secondo le «attivita' dell'on. Filippo Mancuso in comimissione
parlamentare antimafia sulla Procura della Repubblica di Palermo»;
    Il  terzo  si  riferisce alle «Attivita' dell'on. Filippo Mancuso
nell'Aula della camera dei Deputati sulla Procura della Repubblica di
Palermo».
    Relativamente al primo gruppo di documenti, osserva il giudicante
che  gli  stessi  non  assumono  rilevanza  in  ordine alla questione
oggetto  del  presente ricorso, riguardante la sussistenza o meno dei
presupposti  di  applicazione  dell'art. 68  comma  primo  Cost. alla
fattispecie oggetto di imputazione.
    La qualita' e le condotte della persona offesa, la esposizione di
al  magistrato  o di un ufficio giudiziario su un piano politico, che
con tale produzione si intende evidenziare, attengono a questioni che
-  senza  alcun  giudizio  di merito - potrebbero avere un rilievo in
ordine  alla sussistenza o meno dei presupposti della scriminante del
diritto di critica in ordine al delitto di diffamazione.
    Involgendo  pero' il merito del processo, appare evidente che non
possano  allo  stato  essere  sottoposte  alla  cognizione  di questo
giudice.
    In  relazione  al  resto della documentazione, conformemente agli
indirizzi  espressi  dalla  Corte  costituzionale, si osserva che non
puo'  essere  attribuito  rilievo ai fini della valutazione in ordine
alla  sussistenza del «nesso funzionale» richiesto come condizione di
applicabiita'  dell'art. 68,  primo  comma,  Cost.,  a quegli atti ed
attivita'  parlamentari svolte dall'interessato in epoca anteriore al
fatto oggetto di imputazione penale.
    «Diversamente opinando, qualsiasi affermazione potrebbe diventare
insindacabile   a   seguito  della  semplice  presentazione  in  data
successiva  al  fatto  di  un'interrogazione  ad  hoc»  ( Corte cost.
289/98).
    Invero,  dall'esame  delle pronunce della Corte in materia sembra
potersi  enucleare principio secondo cui l'estensione della immunita'
prevista  dall'art. 68  Cost. alle affermazioni rese dal parlamentare
al  di  fuori  dei luoghi e delle sedi proprie e specifiche della sua
funzione  richieda  quale  ulteriore  requisito che tali affermazioni
siano  riproduttive  di  contenuti  storici  gia' espressi nelle sedi
istituzionali (cfr. sent. nn. 10; 11; 56 e 58 2000).
    Nell'ambito  della  produzione  richiesta, conseguentemente, deve
essere   valutata   soltanto   quella   documentazione  afferente  ad
attivita'.  parlamentari  dell'on. Mancuso anteriori alla data del 31
luglio 1997, data del reato ipotizzato, e precisamente:
        a) intervento  in  data  5  febbraio 1997 dell'on. Mancuso in
seno  alla  «Commissione  parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della
mafia  e  delle  altre  associazioni criminali similari» pres. on Del
Turco,  in  occasione dell'audizione del procuratore della Repubblica
di Palermo dott. Giancarlo Caselli, e dei procuratori aggiunti, dott.
Vittorio Aliquo, dott. Luigi Croce, dott. Paolo Giudici e dott. Guido
Lo Forte;
        b) intervento  in  data  18 febbraio 1997 dell'on. Mancuso in
seno   alla   stessa  Commissione  in  occasione  dell'audizione  del
procuratore  della Repubblica di Caltanissetta dott. Giovanni Tinebra
e del procuratore aggiunto, dott. Francesco Paolo Giordano.
    a) In  tale prima circostanza l'intervento dell'on. Mancuso si e'
limitato  ad  un eccezione procedurale. Questo il resoconto prodotto,
come risulta dagli alti parlamentari:
        (Il  deputato  Mancuso  fa  il  suo  ingresso nell'aula della
commissione).
        Mancuso. E' cominciata? Devo sollevare una eccezione.
        Presidente: Dopo.
        Mancuso: No, no, la sollevo adesso.
      Presidente: Lo decide il Presidente quando la puo sollevare.
        Mancuso: No, il Presidente deve presiedere razionalmente.
        Presidente: Va bene. Puo' continuare dott. Caselli.
        Mancuso: Se non accetta la mia eccezione io vado fuori.
        Presidente:  lei  deve  avere pazienza onorevole Mancuso. (Il
deputato Mancuso abbandona l'Aula)».
    Si  osserva  che  nell'attivita'  descritta non si ravvisa alcuna
manifestazione di prerogative parlamentari cui, anche implicitamente,
possano  ritenersi  collegate  funzionalmente  le  espressioni di cui
all'imputazione.
    b)  In   questa   seconda  occasione,  l'on. Mancuso  rivolge  al
procuratore Tinebra alcune domande:
        «Mancuso.  Al  signor procuratore e al suo collega rivolgo un
complimento   sentito   per   essere  venuto  qui  non  con  aria  di
padreternismo  intimidatorio  ed  ideologico ma parlando e proponendo
con  la  sensibilita'  e  la  razionalita'  dell'uomo  di legge e del
magistrato.
    Detto questo, faro' quattro brevi domande.
    La  Procura di Caltanissetta e' titolare del potere di competenza
prorogata  ai  sensi  dell'art.  11  del.  codice di procedura penale
rispetto al comportamenti del magistrati del distretto di Palermo. Le
chiedo  di  volermi  rispondere,  ove  non  ostino ragioni di riserbo
processuale,  se vi siano casi processuali nei confronti, appunto, di
magistrati del distretto di Palermo, sia giudicanti sia requirenti e,
se  le  e'  possibile  precisarlo,  a  quale  titolo  di  reato e nel
confronti di quali persone.
    In   secondo  luogo,  le  chiedo  di  indicarci  le  implicazioni
eventualmente   criminogene   o  criminali  del  neosistema  bancario
siciliano  nei  suoi  riflessi  coi  collegamenti nazionali e interni
azionali.
    Terza  domanda: il «Giornale di Sicilia» del 30 gennaio 1997, con
riferimento   alla   notizia   dell'attentato,  sventato  o  comunque
acclarato, nel confronti del Procuratore della Repubblica di Palermo,
che   sarebbe  stato  progettato  nel  1995,  riporta,  o  meglio  le
attribuisce, procuratore Tinebra, questa dichiarazione: «Io ho saputo
di  questo progetto dai giornali, il che vuol dire che al mio ufficio
non era arrivata nessuna notizia... ».
    Notizia   che,   peraltro,  era  gia'  nota,  da  questo  periodo
sembrerebbe  che  era  gia'  stata diffusa altrimenti. Nell'ambito di
questo  stesso  piccolo  problema  le  chiedo  se e' stato instaurato
finalmente  a  Caltanissetta  il  procedimento  penale  di competenza
prorogata  e quali provvedimenti, eventualmente, siano stati adottati
nei  confronti di colui cui si attribuisce la veste di concorrente in
quell'attentato; si tratterebbe di un dipendente dell'amministrazione
giudiziaria   ancora   in  servizio,  malgrado  questa  posizione  di
concorrente nell'attentato.
    Quarta  e ultima domanda Sul «Corriere della Sera» del 14 ottobre
1996  il  professor  Coppi,  impegnato  in  un  processo  a  Palermo,
riferisce  - e non ho raccolto smentita a questa indicazione - quanto
segue:  «A  un  certo  punto  entra Salvatore Cancemi. E Caselli e Lo
Forte  saltano  in piedi: «Come sta? Ha viaggiato bene? Ha bisogno di
niente?»  Quello  aveva gia' confessato Capaci». Questa dichiarazione
del  professor  Coppi  le  e' nota? E se le e' stata fatta nota o lei
l'abbia  rilevata, quali implicazioni il suo ufficio puo' aver tratto
o  potra'  trarre  da  questo  tipo  di  comportamento, se e' vero ed
accettabile, nei confronti degli autori?»
    Esclusa  la  rilevanza  ai  fini  che  qui occupano delle seconda
domanda, riguardante fatti che almeno in apparenza sono estranei alla
attivita' della Procura di Palermo e del dott. Caselli; nonche' della
prima  domanda,  che  non  contiene  alcun  riferimento  critico  nei
confronti  dei  magistrati  ne'  sul loro operato, deve esaminarsi il
contenuto degli altri due quesiti.
    In  ordine  al  terzo,  si  osserva  che lo stesso si riferisce a
notizie  di stampa diffuse nel 1997 relative ad un presunto attentato
progettato  nei  confronti  del  Procuratore  di Palermo nel 1995 nel
quale  sarebbe  stato  coinvolto  un  dipendente dell'amministrazione
pubblica.   Nel   richiedere   informazioni   circa   le   iniziative
eventualmente seguite a tali notizie, l'on. Mancuso non esprime alcun
giudizio  circa  l'operato  del  dott.  Caselli e della Procura della
Repubblica  di Palermo, ne' vi sono elementi da cui si possa inferire
che  dietro  tale  domanda  si  celassero  implicite  critiche  verso
qualsivoglia magistrato.
    Invece, con la quarta domanda rivolta al dottor Tinebra, narrando
l'intervista   dell'avv. Coppi,   all'epoca  difensore  del  senatore
Andreotti  nel  processo  che vedeva quest'ultimo imputato innanzi al
Tribunale  di  Palermo, ed appuntando la sua attenzione sullo stupore
dell'avv. Coppi medesimo al momento in cui i due magistrati Caselli e
Lo  Forte erano balzati in piedi all'arrivo di Cancemi, accogliendolo
cordialmente  («come sta?» «ha viaggiato bene» ha bisogno di niente?»
stupore  motivato  dallo  stesso avv. Coppi con la circostanza che si
trattava  di  un soggetto gin indagato per gravissimi fatti di sangue
(«quello   aveva   gia'   confessato   Capaci»),  l'on. Mancuso  pone
all'attenzione   del   procuratore   e   delle  persone  presenti  in
commissione  un  fatto che, oggettivamente valutato, appare contenere
in  se'  un apprezzamento di disvalore nei confronti del contegno dei
due magistrati.
    La  connotazione  critica  che assume il racconto sull'intervista
dell'avv. Coppi  e'  testimoniata  dal quesito rivolto al procuratore
circa  le  eventuali,  consequenziali  implicazioni  che  l'episodio,
evidentemente  come  possibile  «notitia  criminis»,  aveva avuto per
l'ufficio  della  Procura di Caltanissetta, competente funzionalmente
per fatti riguardanti magistrati del distretto di Palermo.
    Si  tratta di stabilire se nel contenuto di tale domanda, rivolta
agli  interlocutori  dall'on. Mancuso nella sua veste di membro della
commissione   e   quindi  nel  pieno  esercizio  delle  sue  funzioni
parlamentari,  sia  ravvisabile o meno l'atto parlamentare tipico cui
le  espressioni  contestate  come diffamatorie di cui all'imputazione
debbano   ritenersi   avvinte   da   un  nesso  funzionale  idoneo  a
giustificare  un  giudizio  di  insindacabiita'  di  queste ultime ex
art. 68 comma 1 Cost.
    A  parere  di  questo giudice, a tale quesito deve darsi risposta
negativa.
    Invero,   la   riproduzione   all'estemo   delle   camere   delle
dichiarazioni  gia' espresse in un atto parlamentare e' insindacabile
soltanto   ove   sia   riscontrabile  corrispondenza  sostanziale  di
contenuti  con  l'atto parlamentare, non essendo sufficiente a questo
riguardo  una  mera  comunanza  di  tematiche»  (Cfr.  sentenze  art.
 11/2000 e 58/2000 Corte cost.).
    Nella  specie, puo ritenersi che entrambe le affermazioni, quella
in  sede  parlamentare  e  quella  oggetto  dell'intervista  a  radio
radicale  del  31  luglio  1997,  riguardino il tema dei rapporti tra
magistrati inquirenti e soggetti «collaboratori di giustizia».
    Tale  comunanza  di  tema,  tuttavia,  non  puo  far  ritenere un
rapporto  di  sostanziale  corrispondenza tra le due affermazioni, in
quanto  nella prima, quella espressa in sede parlamentare, la critica
rivolta  ai  magistrati,  legata  ad un episodio specifico, e' quella
implicita  di  non  mantenere il necessario distacco nei confronti di
soggetti comunque implicati in gravi fatti criminali, addebito questo
che  puo'  avere  una  rilevanza  sul  piano  deontologico ma che, in
difetto  di  prove  su  fatti  e  condotte  ulteriori, non assurge al
livello di accusa di reato.
    Nella   seconda  invece,  la  critica  e'  generalizzante  ed  e'
costituita  da un addebito rivolto ai magistrati di essere dei veri e
propri  criminali  vestiti  da  giudici,  nei  quali  si utilizza una
domanda,  per  rispondere  ad  un altra domanda, il cui contenuto non
puo'  che  essere  letto  come  un  giudizio  di  equivalenza  tra un
soggetto,  il  Brusca,  appartenente  alla  mafia,  ed  il magistrato
Caselli  (Intervistatore: «Filippo Mancuso, deputato di Forza Italia,
gia'  Ministro  della  giustizia,  vice  presidente della Commissione
Antimafia.  -  Onorevole  Mancuso,  destano  inevitabile  clamore  le
dichiarazioni  dei  cosiddetti  dichiaranti  ...  fratelli Brusca nel
processo  Andreotti,  in qualche misura in questo procedimento penale
si  sta  riscrivendo,  un  po',  la storia d'Italia. Ieri vi e' stato
anche un singolare episodio, dinanzi all'avv. Coppi (?), difensore di
Andreotti,  che  chiedeva  a  Brusca  di dire quali magistrati, a sua
conoscenza,   erano   collusi  o  in  contatto  con  la  criminalita'
organizzata,   vi  e'  stata  l'opposizione  dei  pubblici  ministeri
presenti  in  aula,  ma  anche  un  intervento  del  tutto  inusuale,
telefonico,  del  Procuratore Caselli. Nonostante cio', il Presidente
ha  chiesto a Brusca, ugualmente, di fare i nomi. Ecco, su queste due
...  su  questi  due  aspetti,  che sono di livello molto diverso, le
vorrei chiedere una valutazione».
    Mancuso: «Io le daro una risposta unica, con la sola premessa che
il  Presidente  di quel collegio, che a me pare un uomo assolutamente
inadeguato  agli  enormi compiti che sta svolgendo, ha fatto, in quel
caso,  bene.  Ma le rivolgo, come risposta, una domanda - Ma lei, tra
Brusca  e  Caselli ... tra i Brusca e Caselli vede vere differenze?»:
cfr.  trascrizione  dell'intervista effettuata sulla audiocassetta in
atti da parte della Questura di Torino, in atti).
    Alla luce delle esposte considerazioni, ritiene il giudicante che
la  Camera  dei  deputati  abbia  ilegittimamente  esercitato  i suoi
poteri,  avendo erroneamente valutato il presupposto del collegamento
tra  le  opinioni  espresse  dall'on. Mancuso nell'intervista a Radio
Radicale   del   31 luglio   1997   e   l'esercizio   della  funzione
parlamentare.
    Unico  strumento  riservato  dall'ordinamento  in  tale ipotesi a
tutela della funzione giurisdizionale costituzionalmente garantita e'
l'elevazione   del  conflitto  di  attribuzione  innanzi  alla  Corte
costituzionale nei confronti della delibera adottata dalla Camera dei
deputati.